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lunedì 21 luglio 2008

Impronte ai rom tra sicurezza e razzismo


Impronte ai rom tra sicurezza e razzismo

Ancora un articolo scritto a quattro mani dal sottoscritto e da Elia Pirone. Questa volta l’argomento riguarda la proposta del Ministro Maroni di prendere le impronte digitali ai rom. Commentate!!
Elia Pirone:
“Voglio porre fine allo sconcio di vedere tanti bambini che vivono in condizioni disumane, l’unico modo è con il censimento. Devo sapere la nazionalità, le parentele, la composizione delle famiglie. Soltanto in questo modo posso dar loro un documento e fissare regole per sapere chi può rimanere e chi invece non ha i requisiti". Così Maroni. Il ministro degli interni, operando il censimento dei rom e dei loro campi, intende esercitare prima di tutto un costante controllo su un etnia che - dati alla mano - rifiuta di ambientarsi in qualsiasi contesto europeo, essendo dunque fonte di criminalità, disagio sociale nei confronti dei cittadini. La criminalità rom deve obbligatoriamente essere tenuta sotto costante controllo al fine di monitorare, prevenire e - se è il caso - intervenire penalmente contro i rom. In secondo luogo Maroni intende proteggere quei bambini rom che, ancora innocenti, vengono "addestrati" (si, addestrati!) a compiere rapine, a mendicare sui marciapiedi, a prostituirsi. E' noto anche come questi bambini subiscano ogni sorta di minaccia da parte delle proprie famiglie, le quali minacciano di farli stuprare o di picchiarli a sangue se non portano a termine il lavoro assegnatogli. Da notare che anche il sindaco di Venezia Cacciari (PD) si è espresso a favore di Maroni con queste parole:“A chi ha diritto di stare in Italia, specialmente se cittadino italiano, deve essere garantito di vivere in condizioni decorose e decenti, e non in campi che sono una vergogna, alla quale bisogna porre fine”. E' per questo che bisogna dire "sì" alla proposta di Maroni. (http://www.lafogna1.blogspot.com/)

Marco Iannello:
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico della legge, provo io a spiegarne gli effetti, sperando che sia tutto corretto.
Il Ministro dell’Interno Roberto Maroni ha proposto pochi giorni fa, in nome della sicurezza dei cittadini, di prendere le impronte digitali dei rom, adulti e bambini, e registrarle in una banca dati. Qualcuno ha subito gridato allo scandalo, definendo razzista l’iniziativa del leghista Maroni, altri hanno appoggiato in pieno l’idea, mentre altri ancora ritengono sia giusto prendere le impronte digitali ai rom a patto che vengano prese anche agli italiani (Ci tengo a dire che io appartengo a quest’ultima categoria).
Quali sono i pro e i contro?
Ciò che rende meno limpida l’iniziativa del Ministro è proprio la differenziazione che questa legge crea tra rom e tutti gli altri. I pro invece sono molti, soprattutto dal punto di vista giuridico e quindi della sicurezza. Facciamo un esempio: la Polizia arresta un rom che ha aggredito e derubato un uomo. Il rom naturalmente è senza documenti, quindi senza identità, nome, cognome, età. Viene denunciato, rimane in custodia cautelare per pochi giorni e, dopo il rinvio a giudizio, finisce sotto processo. Ora, essendo senza identità il rom potrebbe tranquillamente lasciare la città e farla franca. Se dovesse essere fermato dalle forze dell’ordine in un altro luogo, gli basterebbe fornire altre false generalità. Anche se dovesse impazzire e decidesse di rimanere a farsi processare non è detto che possa essere condannato. C’è sempre lo spettro della prescrizione in agguato. Se il processo tira troppo per lunghe (il che è quasi certo, visti i tempi lentissimi dell’apparato giudiziario) rischierebbe di raggiungere i limiti prefissati della prescrizione del reato, e quindi dell’impunità dell’imputato. Anche se il procedimento giudiziario dovesse arrivare fino in fondo, la probabilità che il rom-imputato finisca in prigione è alquanto bassa. Con tutte le attenuanti, gli sconti di pena (garantiti dalla richiesta del rito abbreviato, della confessione del reato ecc…) e le pene alternative (arresti domiciliari o affidamento ai servizi sociali) è molto difficile che il nostro amico venga spedito nelle patrie galere. Questo discorso ovviamente vale per tutti, non solo per i rom. Bene, anzi, male. Se questo ragazzo, che chiameremo Vlado, dovesse commettere un altro reato, alle autorità risulterebbe essere il suo primo crimine e perciò godrebbe, quasi certamente, della concessione delle attenuanti generiche e quindi di un nuovo sconto di pena.
Cosa succederebbe con l’introduzione della legge proposta da Maroni? Procediamo con lo stesso esempio di prima: La Polizia ferma il ragazzo che ha aggredito e derubato un cittadino. Il rom non ha documenti e fornisce generalità false alle forze dell’ordine. I poliziotti allora prendono il pollice del rom, registrano nel computer le impronte digitali e danno un’identità al ragazzo. Lo chiamano Vlado. Vlado non può fuggire dalla città sperando di salvarsi perché, se dovesse essere arrestato o semplicemente fermato per un controllo, verrebbe riconosciuto tramite la verifica delle impronte digitali. La sua posizione si aggraverebbe e difficilmente potrebbe godere della concessione delle attenuanti generiche. E se Vlado dovesse commettere un altro crimine non avrebbe vita facile in tribunale, perché i giudici saprebbero che ne ha già commessi in precedenza. E se invece dovesse ricommettere lo stesso tipo di reato, come spesso succede nel caso dei rom, scatterebbe la recidività e di conseguenza l’aumento della pena detentiva.
I vantaggi sono molti, ma la legge proposta da Maroni, presa così come è, è razzista. Sarebbe molto più equo prendere le impronte digitali a tutti, italiani compresi, oppure non schedare nessuno.